Ci sono tre strade che non conducono nella direzione evangelica.

Dal discorso di papa Francesco per la visita alla tomba di don Primo Mazzolari.

– La strada del “lasciar fare”. E’ quella di chi sta alla finestra a guardare senza sporcarsi le mani – quel “balconear” la vita -. Ci si accontenta di criticare, di «descrivere con compiacimento amaro e altezzoso gli errori» del mondo intorno. Questo atteggiamento mette la coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori, con spirito di giudizio, talvolta aspro. Manca una capacità propositiva, un approccio costruttivo alla soluzione dei problemi.
– Il secondo metodo sbagliato è quello dell’“attivismo separatista”. Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche (banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole…). Così la fede si fa più operosa, ma – avvertiva Mazzolari – può generare una comunità cristiana elitaria. Si favoriscono interessi e clientele con un’etichetta cattolica. E, senza volerlo, si costruiscono barriere che rischiano di diventare insormontabili all’emergere della domanda di fede. Si tende ad affermare ciò che divide rispetto a quello che unisce. E’ un metodo che non facilita l’evangelizzazione, chiude porte e genera diffidenza.
– Il terzo errore è il “soprannaturalismo disumanizzante”. Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le delusioni che si incontrano. Ci si estranea dal mondo, vero campo dell’apostolato, per preferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritualismo. Ne deriva un apostolato fiacco, senza amore. «I lontani non si possono interessare con una preghiera che non diviene carità, con una processione che non aiuta a portare le croci dell’ora». Il dramma si consuma in questa distanza tra la fede e la vita, tra la contemplazione e l’azione.

Fa’ che non creda

Incontro del 14 ottobre

Fa’ che non creda
che ci siano vocazioni privilegiate, più perfette,
e che non presuma di abbracciarle
per essere da più degli altri.
Quale che sia, la mia vocazione è la più grande;
e l’erba del mio giardino è la più verde
perché è quella che tu hai annaffiato per me.
Per seguire la tua voce dammi
la generosità di Abramo,
la prontezza di Samuele,
la naturalezza di Maria.
E dammi la pazienza di attendere e l’umiltà
di scegliere quella strada fra tutte,
e la capacità di viverle tutte
in quella unica che è mia.
Adriana Zarri
Il foglietto

Il buon uso del tempo

Incontro del 23 settembre

Tu sai, mio Dio, che sono debole e impreparato al buon uso del tempo. Non ti fidare troppo della mia resistenza alla tentazione, non mi lasciare a lungo esposto nella prova.
Perché io voglio sinceramente benedire il tuo nome, desidero realmente entrare nel tuo regno, sono certo che la tua volontà è il compimento del mio bene. Credo con tutto il cuore che tu custodisci le cose buone per le quali riesco a trovare il tempo, affinché non vadano perdute. E che sei pronto a sciogliermi dal tempo che ho perduto nel momento stesso in cui riesco a vincere la mia paura e a confessare la mia colpa.
Quando io ti rendo disponibile il tempo che mi affidi, e lo arrischio per venire in soccorso della mancanza del mio fratello, io so che il mio tempo si arricchisce fino a cento volte, fin d’ora: e molto mi viene perdonato.
E quando infine riconosco la stupidità della mia colpa, e mi rivolgo contrito a te, Padre, non incontro l’ombra del tuo risentimento, ma soltanto la tenacia della tua fedeltà. Scopro che il tempo perduto fu per te il tempo dell’attesa e il tempo insperabilmente ritrovato è subito il tempo della festa.
Carlo Maria Martini
Il foglietto

Don Tonino

Incontro del 19 aprile

Chi spera cammina,
non fugge!
Si incarna nella storia!
Costruisce il futuro,
non lo attende soltanto!
Ha la grinta del lottatore,
non la rassegnazione
di chi disarma!
Ha la passione
del veggente,
non l’aria avvilita di chi
si lascia andare.
Cambia la storia,
non la subisce!
Tonino Bello   † Molfetta, 20 aprile 1993
Il foglietto

Vita comune

Incontro del 24 gennaio


“A te, o Dio, nel raccoglimento sale la lode in Sion” (Salmo 65,2). Molti cercano la comunione per paura della solitudine. Siccome non sanno più rimanere soli, sono spinti in mezzo agli uomini. Anche cristiani, che non riescono a risolvere i loro problemi, sperano di trovare aiuto dalla comunione con altri. Di solito, poi, sono delusi e rimproverano alla comunità ciò che è colpa loro. La comunità cristiana non è una casa di cura per lo spirito; chi, per sfuggire a se stesso, entra nella comunità, ne abusa per chiacchiere e distrazione, per quanto spirituale possa sembrare il carattere di queste chiacchiere e di questa distrazione. In realtà egli non cerca affatto comunione, ma l’ebbrezza che possa fargli dimenticare per un momento la sua solitudine, e proprio così crea la solitudine mortale dell’uomo.