La pace è finita, andate a messa

Incontro del 28 settembre

Il frutto dell’eucaristia dovrebbe essere la condivisione dei beni. I nostri comportamenti invece sono l’inversione di questa logica. Le nostre messe dovrebbero smascherare i nuovi volti dell’idolatria. Le nostre messe dovrebbero metterci in crisi ogni volta. […] Dovrebbero smascherare le nostre ipocrisie e le ipocrisie del mondo. Dovrebbero far posto all’audacia evangelica. Non dovrebbero servire agli oppressori.
Bonhoeffer diceva che non può cantare il canto gregoriano colui che sa che un fratello ebreo viene ammazzato. Non si può cantare il canto gregoriano quando si sa che il mondo va così.
Tante volte anche noi, presi da una fede flaccida, svenevole, abbiamo fatto dell’eucaristia un momento di compiacimenti estenuanti, che hanno snervato proprio la forza d’urto dell’eucaristia e ci hanno impedito di udire il grido dei Lazzari che stanno fuori la porta del nostro banchetto.
Se dall’eucaristia non parte una forza prorompente che cambia il mondo, che dà la voglia dell’inedito, allora sono eucaristie che non dicono niente.
Se dall’eucaristia non si scatena una forza prorompente che cambia il mondo, capace di dare a noi credenti l’audacia dello Spirito Santo, la voglia di scoprire l’inedito che c’è ancora nella nostra realtà umana, è inutile celebrare l’eucaristia. Questo è l’inedito nostro: la piazza. Lì ci dovrebbe sbattere il Signore, con una audacia nuova, con un coraggio nuovo. Ci dovrebbe portare là dove la gente soffre oggi. La Messa ci dovrebbe scaraventare fuori.
Anziché dire la messa è finita, andate in pace, dovremmo poter dire la pace è finita, andate a messa. Ché se vai a Messa finisce la tua pace.
Tonino Bello

Il foglietto (video o tel.)
Il foglietto (stampa su carta)

Immagine: Caravaggio, vocazione di Matteo – chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

Ci sono tre strade che non conducono nella direzione evangelica.

Dal discorso di papa Francesco per la visita alla tomba di don Primo Mazzolari.

– La strada del “lasciar fare”. E’ quella di chi sta alla finestra a guardare senza sporcarsi le mani – quel “balconear” la vita -. Ci si accontenta di criticare, di «descrivere con compiacimento amaro e altezzoso gli errori» del mondo intorno. Questo atteggiamento mette la coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori, con spirito di giudizio, talvolta aspro. Manca una capacità propositiva, un approccio costruttivo alla soluzione dei problemi.
– Il secondo metodo sbagliato è quello dell’“attivismo separatista”. Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche (banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole…). Così la fede si fa più operosa, ma – avvertiva Mazzolari – può generare una comunità cristiana elitaria. Si favoriscono interessi e clientele con un’etichetta cattolica. E, senza volerlo, si costruiscono barriere che rischiano di diventare insormontabili all’emergere della domanda di fede. Si tende ad affermare ciò che divide rispetto a quello che unisce. E’ un metodo che non facilita l’evangelizzazione, chiude porte e genera diffidenza.
– Il terzo errore è il “soprannaturalismo disumanizzante”. Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le delusioni che si incontrano. Ci si estranea dal mondo, vero campo dell’apostolato, per preferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritualismo. Ne deriva un apostolato fiacco, senza amore. «I lontani non si possono interessare con una preghiera che non diviene carità, con una processione che non aiuta a portare le croci dell’ora». Il dramma si consuma in questa distanza tra la fede e la vita, tra la contemplazione e l’azione.

“La furia del coronavirus mostra la follia della guerra.”

commento alla V di quaresima di don Gerardo Capaldo

Don Gerardo con Mons. Bettazzi

Riceviamo con grande piacere
questo intervento di don Gerardo
per decenni colonna portante
della comunicazione della diocesi
di Avellino

Momento triste per il mondo, di severo impegno per circoscrivere i danni di questa pandemia. Ma anche opportunità di un comune coinvolgimento nel coglierne la lezione. Lo stesso segretario dell’Onu ha ammonito: “La furia del coronavirus mostra la follia della guerra. Ecco perché chiedo un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo”.

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Ceniamo insieme e poi discutiamo…

Comunione Aperta, messa libera, Intercomunione, Ospitalità Eucaristica… : diverse volte, in tempi diversi, c’è stato chi ha usato e chi ha contestato, anche aspramente, queste espressioni.
– Può mai la Cena essere chiusa, non libera, inospitale?
Alla Cena partecipano i cristiani, esseri umani, paurosi, traditori, divisi…
Signore, fa’ che la Tua Cena non sia la celebrazione delle divisioni, anzi, della divisione.
Leggi: Ceniamo insieme e poi discutiamo

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Egli viene


Egli viene.
E con Lui viene la gioia.
Se lo vuoi, ti è vicino.
Anche se non lo vuoi, ti è vicino.
Ti parla anche se non parli.
Se non l’ami, egli ti ama ancor di più.
Se ti perdi, viene a cercarti.
Se non sai camminare, ti porta.
Se tu piangi, sei beato perché lui ti consola.
Se sei povero, hai assicurato il regno dei cieli.
Se hai fame e sete di giustizia, sei saziato.
Se perseguitato per causa di giustizia,
puoi rallegrarti ed esultare.
Così entra nel mondo la gioia,
attraverso un bambino che non ha niente.
La gioia è fatta di niente,
perché ogni uomo che viene al mondo
viene a mani vuote.
Cammina, lavora e soffre a mani vuote,
muore e va di là a mani vuote.
Primo Mazzolari

Tra il “non ancora” e il “già”

Memoria di Pasquale Pirone
21.09.2014

“Vivere tra il già e il non ancora”,
così spesso Pasquale parlava di speranza,
di progresso e di “speranza di progresso”.
Noi…, noi siamo nati in questo tempo,
eletti o condannati a vivere nel chronos,
in questo chronos.
Al di là di questo tempo Pasquale,
da morto che era…, “ora” rivive con Cristo:
per grazia salvato e risuscitato,
“ora” siede nei cieli a mostrare nei secoli futuri
la straordinaria ricchezza della Sua grazia (cfr. Efesini 2).
E prega, e cammina, e cena con noi e con Lui.
Ma, per noi, nel nostro Χρόνος, non c’è,
non ci abbandoniamo a strane fantasie,
inganni consolatorii,
per noi c’è il vuoto,
il vuoto.
Ma…
Non c’è nulla che possa sostituire
l’assenza di una persona a noi cara.
Non c’è alcun tentativo da fare,
bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile,
ma è al tempo stesso una grande consolazione,
perché finché il vuoto resta aperto
si rimane legati l’un l’altro per suo mezzo.
E’ falso dire che Dio riempie il vuoto;
Egli non lo riempie affatto,
ma lo tiene espressamente aperto,
aiutandoci in tal modo a conservare
la nostra antica reciproca comunione,
sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma
il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina,
ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi,
di consegnarci ad essi;
così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso,
ma lo si osserva in momenti particolari
e, per il resto, lo si conserva
come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.
Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa

E questo è il senso, per questo ha senso fare memoria.

Assemblea gruppo SAE Avellino Salerno

Ovviamente sono invitati a partecipare tutti gli amici della comunità non solo quelli iscritti al SAE (N.d.A.)
Cari tutti e tutte,
si avvicina il nostro incontro di fine anno sociale a Monteforte Irpino il 1-2 giugno al Villaggio evangelico.
Qualche informazione al riguardo.
La struttura dell’incontro sarà grosso modo la seguente.
Sabato 1
Arrivo alle 17.00. A seguire: momento di preghiera, relazione mia sul tema “Chiesa corpo di Cristo”, cena, animazione.
Domenica 2
Colazione, momento di preghiera, proiezione di un docufilm sul tema delle migrazioni (in continuità con l’incontro a Salerno venerdì scorso), assemblea (di confronto su quanto ė stato fatto nel corso dell’anno e programmatica per l’anno a venire), pranzo, culto ecumenico (anch’esso sul tema delle migrazioni).
Al termine del culto, verso le 18.00 ė prevista la partenza.

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Memoria di Don Gallo

di Luigi Ciotti 22.05.2013

Saluto un amico e un punto di riferimento. Don Andrea Gallo ha rappresentato – nella sua vita lunga e generosa – la Chiesa che “amo” e nella quale mi riconosco. La Chiesa che non dimentica la dottrina, ma non permette che diventi più importante dell’attenzione per gli ultimi, per i dimenticati. Andrea lo ricorderemo così: come una persona che ha dato un nome a chi non lo aveva o se lo era visto negare. La sua opera di educatore, dai tempi della Garaventa – la nave che ospitava i “figli” fragili di Genova – all’apertura delle prime comunità negli anni Settanta, all’esperienza che ci ha visti affiancati nel Cnca, il coordinamento nazionale che si riconosceva nel principio dell'”educare, non punire”, altro non è stata che un tenace, quotidiano impegno per riconoscere la dignità e la libertà della persona, una libertà su cui bisognava sempre scommettere e alla quale non bisognava mai stancarsi di dare opportunità.

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Pasqua è la festa dei macigni rotolati.

Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati.
E’ la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. E’ il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte. Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo.
Tonino Bello

Credere a Pasqua

No, credere a Pasqua non e’
giusta fede:
troppo bello sei a Pasqua!
Fede vera
e’ al Venerdi’ Santo
quando Tu non c’eri
lassu’.
Quando non una eco
risponde
al suo grido
e a stento il Nulla
da’ forma
alla Tua assenza.
David Maria Turoldo

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